venerdì 5 marzo 2010

Giancarlo Rossi - Toscolano Maderno

TOSCOLANO MADERNO – Diana e la caccia ai segreti sommersi

Il relitto di «Diana» è adagiato sul fondo del lago da quasi ottant`anni, 100 metri sotto il pelo dell`acqua. Come una nave fantasma, perfettamente conservata dal freddo e dall`oscurità delle profondità inviolate del Garda, sembra ancora in assetto di navigazione, con la prua rivolta a sud, l`ancora fissata alla fiancata, il bompresso proteso in avanti quasi ad indicare la rotta, le scotte bloccate al piede dell`albero. Il relitto, scoperto casualmente nel 2003 dal robot subacqueo di Angelo Modina, presidente dell`associazione toscomademese Deep Explorers, è l`ultima testimonianza rimasta della flotta di barconi da trasporto che tra Otto e Novecento solcavano il lago per portare da un paese all`altro merci, uomini e animali.

Per questo motivo Deep Explorers, in collaborazione con il Ministero dei Beni e delle Attività culturali, la Soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto, il Comune di Brenzone (nelle cui acque si trova il relitto) e VRM Videoproduction, ha deciso di valorizzare il ritrovamento tramite una campagna di studi sul relitto, anche in funzione di un futuro recupero, operazione complessa e costosa ma non impossibile (la barca andrebbe ingabbiata e sollevata con palloni d`aria, con un`équipe di subacquei ad accompagnarla metro dopo metro per evitare sbilanciamenti e sollecitazioni eccessive sulle strutture). Subacquei, archeologi e storici Diana è uno dei tanti segreti che i fondali del Garda conservano gelosamente. Le acque buie e profonde del lago nascondono carri armati, aerei militari, idrovolanti, numerose imbarcazioni colate a picco nel corso dei secoli e un`infinità di ordigni bellici. Scoprire questi reperti, studiarli e valorizzarli è un`operazione culturale, un contributo alla conoscenza della storia della grande regione gardesana. Che poi è anche il fine di Deep Explorers.

Modina ha riunito un sodalizio di persone con competenze specifiche (subacquei di profondità, archeologi, storici) che da qualche anno ha dato avvio a un`intensa attività di ricerca. Consultando fonti documentarie e raccogliendo testimonianze dirette (come nel caso delle ricerche del mezzo anfibio americano «Dukw», affondato nelle acque dell`alto lago nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1945 con il suo carico umano di 24 militari della decima «Mountain division»), Modina e la sua squadra di cacciatori di tesori sommersi scandagliano i fondali per trovare tasselli di storia locale. La scoperta del Diana, invece, è stata casuale. Era il 12 maggio del 2003. Durante una campagna di ricerche biologiche le telecamere del robot teleguidato di Modina, pilotato dal figlio Daniel, hanno d`un tratto illuminato una grande barca, perfettamente conservata.

Diana è apparsa sui monitor collegati alle telecamere del robot come una nave fantasma, un reperto del passato congelato nel tempo, conservato in tutte le sue componenti, i bozzelli, gli alberi, le carrucole, il lungo bompresso, le ancore e parte del carico che trasportava quando affondò. Lo scafo è in acciaio; il ponte, la cabina e gli alberi in legno. Ricerche successive appurarono che si trattava di una barca allestita nel 1919 negli attuali cantieri della Navigarda, a Peschiera, dai maestri d`ascia Dal Ferro. Armata a due alberi, lunga 18 metri, per un dislocamento di 50 tonnellate ed un carico trasportabile di 500 quintali, la barca era stata immatricolata a Riva del Garda con la sigla «Riva M6» e varata col nome Diana.

Consultando archivi e trovando testimonianze indirette (come quella del figlio di un marinaio del barcone da trasporto), Modina ricostruì l`intera vicenda di Diana. La barca affondò nel 1932 in seguito ad una brusca manovra che provocò lo spostamento del carico. Era un mezzo modernissimo per i suoi tempi, una delle prime imbarcazioni da trasporto del Garda ad essere equipaggiata, oltre che con due alberi per la navigazione a vela, di due motori. Con le immagini realizzate dal robot subacqueo, Modina ha realizzato un video-documentario dedicato al relitto, già andato in onda su Rai Uno, Rai International, i canali tematici di Sky e le tv bresciane Teletutto e Telenord. Ma la ricerca continua. Diana ha infatti offerto lo spunto per un`operazione editoriale dedicata alla storia della navigazione sul Garda tra la fine dell`Ottocento e i primi anni del Novecento. Così, il 10 e 11 gennaio, Modina ha organizzato una spedizione subacquea sul relitto per valutarne in modo più approfondito le condizioni e realizzare un servizio fotografico.

La barca, come detto, si trova a 100 metri di profondità. Per scendere a quelle quote sono richieste capacità tecniche e fisiche che pochi sub possono vantare. Tra questi c`è sicuramente il genovese Lorenzo Del Veneziano, subacqueo professionista e «scopritore di relitti» che ha all`attivo oltre 5mila immersioni nelle acque di ogni continente, tra cui la prima spedizione mai effettuata sull`Andrea Doria. E stato lui il primo uomo a toccare nuovamente, dopo quasi ottant`anni, lo scafo di Diana. Le immersioni sono state supportate logisticamente, oltre che dal team di Deep Explorers, dalla Soprintendenza di Venezia, dal Comune di Brenzone, dalla ditta bresciana Gio`Sub, da Guardia Costiera, Carabinieri e Guardia di Finanza. Come tornare indietro nel tempo

L`operazione, tecnicamente complessa, ha coinvolto un folto gruppo di persone: innanzi tutto Del Veneziano e il collega Lorenzo Stucchi, di Lecco, che hanno raggiunto il relitto seguendo la cima guida fissata a Diana dal robot; quindi i sub Diego Vezzoli, Franco Zanetti e Giancarlo Rossi con il veronese Lorenzo Parisi, che stazionavano alla quota di sicurezza, a 30 metri di profondità, per fornire assistenza durante la risalita e le lunghe operazioni di decompressione. A bordo della barca appoggio, «Capitan Nemo», oltre ad Angelo e Daniel Modina con i tecnici di bordo Luigi Bissolotti e Michele Pozzali, il fotografo Paolo Sala, i tecnici video Antonio Ceruti e Gian Battista Apollonio, c`era anche il supervisore della Soprintendenza veneta Francesco Dossola. Alle operazioni hanno assistito anche Gianni Calafà, sub di Deep Explorers, e l`anziano maestro d`ascia gargnanese Sauro Feltrinelli.

La spedizione si è conclusa con successo. «Ho trovato Diana racconta Del Veneziano – come congelata nel tempo. È stato come aprire una finestra sul passato e tornare indietro nel tempo». Le sue fotografie svelano per le prima volta con nitidezza i particolari della barca. Particolari che raccontano di antichi traffici via acqua, quando ancora non c`erano le strade litoraneee il lago era solcato da barche grandi e piccole. E Diana, la più bella barca del lago, veleggiava maestosa da un porto all`altro.

(salv)agente di cambio

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