domenica 29 agosto 2010

Giancarlo Rossi - (salv)agente di cambio - L'architetto che rifece l'Italia a Venezia la sfida di Nervi

A Palazzo Giustinian Lolin una grande mostra celebra, il designer della "rinascita" del Paese e delle Olimpiadi di Roma 60. Tra icone "nerviane", progetti inediti, sfide e aneddoti, ce ne parla il nipote Marco Nervi
di LAURA LARCAN

L'architetto che rifece l'Italia a Venezia la sfida di Nervi

VENEZIA - E' stato l'architetto della "rinascita" dell'Italia sulle ceneri della seconda guerra mondiale. Uno dei protagonisti degli anni ruggenti che hanno scritto il capitolo del boom economico, di quei favolosi anni Sessanta che hanno cambiato lo spirito e le ambizioni di generazioni. Pier Luigi Nervi (1891-1979), visionario ma illuminato, sognatore ma pratico e socialmente impegnato, tant'è che, come ricorda oggi il nipote Marco Nervi, ripeteva spesso con orgoglio che il motivo principale per il quale i suoi progetti vincevano le gare d'appalto era perché economicamente più vantaggiosi degli altri. A cinquant'anni dalle Olimpiadi di Roma (che lo videro "firma" di punta per gli impianti sportivi) e nell'ambito dell'imminente dodicesima Biennale di Architettura "People meet in Architecture", lo celebra una grande mostra, "Pier Luigi Nervi - Architettura come Sfida", dal 28 agosto al 14 novembre a Palazzo Giustinian Lolin sotto la cura di Carlo Olmo, organizzata dall'Associazione Pier Luigi Nervi Research and Knowledge Management Project presieduta da Marco Nervi con l'obiettivo di riportare la figura e l'opera di Pier Luigi Nervi al centro della riflessione sulla cultura del Novecento, non solo italiano. Partner d'eccellenza, il Centre International pour la Ville, l'Architecture et le Paysage di Bruxelles (Civa), dove la rassegna ha debuttato a giugno, e il Maxxi, Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, dove approderà a dicembre prossimo. Ne abbiamo parlato con Marco Nervi.

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Partiamo dal titolo della mostra "Architettura come sfida". Che cos'era la "sfida" per Pier Luigi Nervi?
"La 'sfida' va intesa chiaramente come sfida verso se stesso e le proprie capacità creative, nel progettare e realizzare opere sempre più complesse, tecnicamente e strutturalmente, spesso con tempi molto ridotti a disposizione. Tali condizioni lo ponevano di fronte a delle 'sfide' tecniche ma anche costruttive ed organizzative difficilissime. A tali 'limiti' vanno chiaramente anche aggiunte le 'sfide' intellettuali legate all'uso e funzionalità dei singoli progetti, penso in particolare all'Aula delle Udienze in Vaticano per la quale era necessario realizzare 'una opera non meschina o banale ma cosciente della sua privilegiata collocazione e della sua ideale destinazione' (discorso pronunciato da Papa Paolo VI il 30 Giugno 1971, giorno d'inaugurazione dell'Aula). Pensiamo anche alla 'sfida' economica rappresentata dalle esigenze della società civile italiana ed europea negli anni del dopoguerra, quando le esigue risorse disponibili richiedevano rigore e organizzazione progettuale".

Sfida, quindi, nel senso più sociale e democratico del termine...
"Mio nonno aveva un'altissima concezione del ruolo del costruttore, e del ruolo che questa figura può svolgere in seno alla società. Per lui massima era l'importanza della sua funzione al servizio della collettività, concezione dalla quale credo derivasse la sua grande integrità morale ed intellettuale. Credo quindi che la sfida su ogni progetto per Pier Luigi Nervi fosse sempre rappresentata dall'ottenere massima solidità, funzionalità, economia, rapidità di esecuzione, criteri tutti che indissolubilmente facevano parte del suo linguaggio progettuale. Ma la sfida maggiore rimaneva sempre e comunque il coniugare tutti questi parametri in una forma architettonica purissima, dove linguaggio estetico e struttura si fondevano in un unicum armonioso".

Ci può raccontare dal suo punto vista l'uomo e l'architetto Nervi, ci svela la sua personalità, la sua indole, il suo temperamento. Che cosa lo emozionava e che cosa lo inquietava?
"Lo inquietava la mediocrità e la mancanza di rigore intellettuale e morale. Era un uomo a volte anche molto duro, ma lo era in primo luogo con se stesso. Sapeva però essere generosissimo quando riconosceva negli altri un vero impegno ed una vera passione per il proprio lavoro. Ne è prova l'impegno che dedicava ai propri studenti presso la Facoltà di Architettura della Sapienza, oppure lo specialissimo rapporto con gli operai della sua impresa, con i quali spesso si intratteneva in lunghissimi confronti sulle soluzioni da adottare nei diversi cantieri. Schivo e ripiegato sugli affetti famigliari, soprattutto in un rapporto quasi esclusivo con la moglie, aveva però sviluppato una socialità molto complessa attorno alla propria professione, intrattenendo rapporti con le maggiori personalità del mondo dell'architettura, della cultura e della politica internazionali".

Qual era il sogno più grande di Pier Luigi Nervi? L'ha realizzato?
"Per me è difficile rispondere, ma credo che fosse il vivere come ha poi effettivamente vissuto, inseguendo quella che una volta ha definito la sua 'astratta passione progettistica'. A questa passione ha sacrificato molto, in maniera del tutto consapevole, coinvolgendo in questo anche la sua famiglia, ma penso - proprio per la sua grande onestà intellettuale- che non avrebbe saputo fare altrimenti".

Com'è cambiata l'Italia con Nervi architetto?
"Credo si possa dire che mio nonno sia stato la persona giusta al momento giusto. Le capacità costruttive di Pier Luigi Nervi - rapidità, creatività, innovazione tecnologica ed economicità - e il modello gestionale rappresentato dalla sua impresa di costruzioni rispondevano perfettamente alle esigenze della società civile italiana ed europea del dopoguerra ed a mio avviso hanno apportato il loro contribuito al rilancio economico di quegli anni".

Cosa si scoprirà di Nervi in questa mostra veneziana? Qual è il suo fil rouge. Quali le "icone nerviane" che scandiscono il percorso?
"La mostra si apre con una rilettura davvero emozionante di 12 progetti nerviani fatta da Mario Carrieri, uno dei più grandi fotografi italiani. Dallo stadio Berta di Firenze all'Ambasciata d'Italia a Brasilia, passando per il Palazzo di Torino Esposizioni, l'edificio dell'Unesco, l'Aula delle Udienze, Carrieri offre una rilettura contemporanea che ci aiuta a guardare a queste architetture in maniera nuova, interrogandoci anche sul loro recupero e utilizzo attuale.
Due sono i progetti che poi vengono analizzati in maniera dettagliata, lo stadio municipale di Firenze e il Palazzo di Torino Esposizioni. Sono due progetti che segnano un tornante nel percorso creativo e nella notorietà di Pier Luigi Nervi. Lo Stadio municipale nel 1932 lo porta alla ribalta della scena architettonica internazionale, il Palazzo di Torino Esposizioni ne riafferma il successo dopo gli anni della guerra, nel 1948. A Venezia presenteremo aspetti inediti di entrambe i progetti.
I temi scelti inoltre dialogano con il tema della Biennale di quest'anno -People meet in Architecture- rendendo assolutamente attuale il lavoro di Nervi, che nell'arco della sua lunga carriera di progettista e costruttore realizza principalmente grandi strutture a servizio del vivere sociale.
Da non perdere poi l'approfondimento che presentiamo sull'intervento di Nervi nell'edificio della Cassa di Risparmio di Venezia, allestito proprio negli spazi del salone della banca in Campo Manin, che permetterà al pubblico internazionale e veneziano di meglio conoscere questa piccola perla del grande ingegnere sondriese situata nel cuore della città lagunare.

Ci sono elementi inediti (materiali, studi, progetti) che spiccano?
Riguardo lo Stadio Berta di Firenze, lavorando negli archivi, è emersa una storia (e un progetto) precedente, una storia che consente di ricollocare questo pur famosissimo progetto in un contesto di elaborazione e culturale diverso. E' un'autentica novità, sia per i disegni che saranno esposti, sia nella ricerca, non solo dell'inedito, ma anche nell'analisi del suo modo di progettare, che qui appare molto più chiaro.
Nel caso di Torino Esposizioni presenteremo invece i rapporti intercorsi tra Ettore Sottosass padre e Nervi per il progetto preesistente del Palazzo della Moda, sulle cui rovine postbelliche mio nonno erigerà Torino Esposizioni. Si tratta di materiale interessante per comprendere le relazioni tra Nervi e gli architetti italiani.
Inoltre, nella sezione multimediale che anticipa i contenuti dell'ampia rassegna in programma al MAXXI e una ricca sezione video che proporrà documentari d'epoca sull'attività di Pier Luigi Nervi, verrà presentato in anteprima un film sull'insegnamento di Pier Luigi Nervi, realizzato per l'esposizione da Folco Quilici con la direzione scientifica di Lucio Barbera.


Ricorrono i 50anni dalle Olimpiadi di Roma, scenario che sarà approfondito con la mostra al Maxxi. Visto che le Olimpiadi sono un argomento di grande attualità, ci racconta le Olimpiadi di Nervi (magari anche qualche retroscena storiografico di quei grandiosi cantieri)?
Essendo nato dopo il 1960, nel 1964 precisamente, non ho ricordi personali legati a quell'evento. Sicuramente però il periodo della costruzione degli impianti di Roma 60, come ricordato meglio recentemente da mio fratello Pierluigi in una serie di articoli, ha rappresentato, per mio nonno e la nostra famiglia, un momento formidabile per l'ingegno, la creatività, l'impegno e l'organizzazione profusi nella realizzazione di opere quali il Palazzetto dello Sport, in collaborazione con Annibale Vitellozzi, lo Stadio Flaminio, in collaborazione con il figlio Antonio, il Viadotto di Corso Francia ed il Palazzo dello Sport in collaborazione con Marcello Piacentini. La preparazione e l'esecuzione dei cantieri olimpici furono il momento in cui i figli di Pier Luigi Nervi entrarono a pieno titolo a far parte del lavoro dello studio e dell'impresa Nervi. Mio zio Antonio architetto affiancò il padre nella progettazione, mio padre Mario, ingegnere, e mio zio Vittorio, anch'egli architetto soprattutto nella gestione ed esecuzione dei cantieri.
Il risultato di tale lavoro viene ancor oggi celebrato nella storia delle Olimpiadi come uno dei più alti esempi di collaborazione, fiducia, razionalità, caparbietà tra tutti coloro, istituzioni, organizzatori, dirigenti, tecnici che hanno contribuito al raggiungimento dell'obiettivo nei tempi prefissati e, fatto ancora più importante, nei limiti di spesa imposti. Credo quindi sia giusto nel celebrare i 50 anni delle Olimpiadi di Roma ricordare Pier Luigi Nervi come uno dei protagonisti di quella "meravigliosa estate" del '60, che segnò per l'Italia l'inizio del boom economico.

E cosa pensa lei personalmente della nuova candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020. E' una città che architettonicamente può sostenere l'impresa?
"Come ogni occasione per possibili grandi interventi e investimenti nel tessuto urbano, è potenzialmente una grande opportunità per la città di Roma. E' forse il palcoscenico più bello, suggestivo ed emozionante del mondo per un evento di queste caratteristiche. Non sarà facile però confrontarsi oggi con la complessità urbanistica e architettonica di una Roma radicalmente mutata rispetto a cinquant'anni fa. Mi sembra comunque che ci siano tutte le premesse per fare bene, data la grande unità di intenti tra Comune, CONI e Governo. L'impegno da parte nostra, come famiglia Nervi, sarà di vegliare sulla corretta integrazione delle strutture realizzate da mio nonno nella predisposizione delle differenti sedi agonistiche".

A proposito del Maxxi, cosa avrebbe pensato Nervi di questo museo che ha suscitato tante letture contrastanti?
"Non credo spetti a me dire cosa avrebbe pensato Pier Luigi Nervi di tale progetto. Per mio nonno un'opera per essere considerata giusta o piuttosto 'vera', come la definisce lui in un'intervista che sarà presente in mostra, deve essere concepita ed eseguita con pieno soddisfacimento delle caratteristiche di buona funzionalità, di solidità strutturale, di buon rendimento economico, serietà e compostezza estetica. Rispettare tale caratteristiche significa costruire correttamente ed onestamente che erano credo le cose per lui più importanti in un opera di architettura.

Notizie utili - "Pier Luigi Nervi - Architettura come Sfida", dal 28 agosto al 14 novembre 2010, Palazzo Giustinian Lolin, nella sede di Permasteelisa, Venezia
Orari: da lunedì a giovedì 11-18; venerdì e sabato 11-20. Chiuso il mercoledì
Ingresso libero.
Informazioni: www.pierluiginervi.org 2
Catalogo: Silvana editoriale





(11 agosto 2010)

Giancarlo Rossi - (salv)agente di cambio - Come ti ritraggo un giardino così Edimburgo ricorda gli Impressionisti

http://www.repubblica.it/speciali/arte/recensioni/2010/08/06/news/come_ti_ritraggo_un_giardino_cos_edimburgo_ricorda_gli_impressionisti-6114954/

La National Gallery celebra il movimento con una grande mostra a tema. In scena, cento opere da Monet a Sisley a Van Gogh. E spunta una curiosità: i botanici hanno identificato tutte le piante dipinte nei quadri
di LAURA LARCAN

Come ti ritraggo un giardino così Edimburgo ricorda gli Impressionisti

EDIMBURGO - Se la forza prorompente dell'impressionismo fu quella di sperimentare con ebbrezza sanguigna la pittura di paesaggi en plein air, "dove la luce non è più unica - come diceva Emile Zola - ma si verificano effetti multipli", allora la grande mostra alla Royal Scottish Academy Building (nel complesso delle National Galleries of Scotland) entra nel cuore del movimento e ne coglie l'essenza più genuina. "Impressionistic Gardens" (giardini impressionisti) diventa il tema azzeccato, quasi sfacciato di questa gran bella rassegna di quasi cento opere frutto della collaborazione tra l'istituzione scozzese e il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, che sotto la cura di Michael Clarke e Clare Willsdon ha saputo orchestrare pezzi di qualità grazie a prestiti autorevoli da alcuni importanti musei del mondo.

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Il giardino, questo microcosmo infuso di natura selvatica o ammaestrata, privata o pubblica, verde o floreale, rivitalizzata ed energizzata dall'incostante e indomabile luce, è la chiave di lettura di un viaggio splendidamente prevedibile al centro dell'impressionismo, dove sfilano uno accanto all'altro i virtuosismi cromatici dei suoi maestri. Da Monet che costruì il suo personale giardino a Giverny in Normandia, "la sua opera d'arte più bella", il suo eden, la sua utopia bucolica dove per inseguire l'infinita mutevolezza di una realtà in balia dell'effetto luministico, portò sempre più la sua pittura alle estreme conseguenze sull'orlo di un gusto informale. A Sisley che amava immortalare con vigore cromatico l'armonia perfetta dei giardini di Louveciennes, a Pissarro e a Berthe Morisot che inseguivano con libertà e foga istantanea la bellezza gentile di piccoli e ben ordinati giardini nei villaggi intorno a Parigi, a Renoir che usava come quinta scenografico dei suoi ritratti il giardino selvatico su cui s'affacciava il suo atelier a Monmartre.

Il giardino come luogo nevralgico di una ricerca sperimentale all'aperto e dal vero era già stata un'intuizione dei pittori della prima metà dell'Ottocento, e la mostra gliene rende merito. Rintraccia così gli albori di una rivoluzione in quei pittori della Scuola di Barbizon che avevano rinnegato la costruzione classica da studio, in personaggi clou come Delacroix e Corot che avevano colto nel colore la forza costruttiva della raffigurazione. Ma la mostra non si ferma poi solo alla stagione più autentica dell'impressionismo. Facendo leva sul leit motif del giardino, insegue le anime più outsider di questo stile, i protagonisti di una elaborazione più personale e trasfigurante, come Gauguin e Van Gogh, coloro che ne hanno scritto un nuovo capitolo, come Seurat, fino alle tormentate finezze cromatiche di un giovanissimo Klimt pre-secessione. E' insomma una mostra ariosa che lascia scivolare un'epopea stilistica dove il colore diventava protagonista assoluto, fondendosi in un tutt'uno con l'emozione individuale del pittore.

E i capolavori esposti appaiono come pura superficie di colore, dove la materia cromatica guizza con frenesia e euforia, tormento e ardore a catturare il lampo di luce e la densità dell'atmosfera. Eppure, la mostra sa regalare anche un'annotazione critica inedita: "Per la prima volta abbiamo lavorato a stretto contatto con gli studiosi del Royal Botanic Garden di Edimburgo - raccontano i curatori della mostra - per un'attenta e circoscritta analisi congiunta dei dipinti. Siamo riusciti così a identificare dove possibile tutte le tipologie di piante descritte dagli artisti nei quadri della mostra. Questo risultato, come ha anche sottolineato il direttore del Giardino botanico David Mitchell, ci aiuta a dimostrare oggi l'alto livello di conoscenza specialistica in orticultura che avevano alcuni pittori impressionisti, dei veri expertise di botanica". La pennellata breve, il tratto rapido, il dinamismo emotivo dei colori che hanno fatto grandi e unici gli impressionisti, non hanno mai annullato la realtà della natura. E i loro giardini rivelano oggi questa grande verità.

Notizie utili - "Impressionist Gardens", dal 31 luglio al 17 ottobre 2010, Royal Scottish Academy Building, National Galleries of Scotland, Princes Street, Edimburgo, Scozia.
Orari: tutti i giorni, 10-17 (ad agosto fino alle 18), venerdì fino alle 19.
Ingresso: intero £10, ridotto £7.
Informazioni: www.nationalgalleries.org 2

(06 agosto 2010)

Giancarlo Rossi - (salv)agente di cambio - A Rimini il laboratorio Enizyme L'arte di domani alla ribalta

http://www.repubblica.it/speciali/arte/recensioni/2010/08/27/news/a_rimini_il_laboratorio_enizyme_l_arte_di_domani_alla_ribalta-6544067/

A Rimini il laboratorio Enizyme
L'arte di domani alla ribalta
Al Meeting di Rimini 2010 l'Eni inaugura uno spazio innovativo e interattivo dedicato alla contemporanea. Tra performance e spettacoli sul tema dell'Energia, sfilano grafici, video maker, fotografi e musicisti di ultima generazione
di LAURA LARCAN

A Rimini il laboratorio Enizyme L'arte di domani alla ribalta

RIMINI - Al Meeting di Rimini 2010 sbarca Eni. Fatto non indifferente se si considera che la storica società italiana fondata da Enrico Mattei porta con sé, fino a domani, una scuderia di giovani artisti, tra designer, grafici, illustratori, videomaker, fotografi, copywriter, musicisti e attori, per trasformare il proprio stand nel Padiglione D5 della fiera in una "piazza della cultura" a suon di performance, spettacoli, videoinstallazioni, incontri laboratorio. Un evento non casuale ma anche per niente scontato per la casa madre del famigerato Cane a sei zampe, che ha ormai basato con convinzione e un pizzico di romantica follia i progetti di comunicazione istituzionale su una fucina (Enizyme) di giovani talenti creativi reclutati in tutto il mondo sul fil rouge della sperimentazione. E nelle giornate del Meeting di Rimini lo spazio Eni diventa un palcoscenico dedicato all'arte dinamico interattivo e coinvolgente dal giorno alla sera, tutto da scoprire e sperimentare. Per la prima volta, infatti, in collaborazione con NUfactory, c'è una vera squadra di artisti che, in ricognizione fra gli spazi fieristici, realizza in tempo reale, attraverso i propri occhi, sensibilità e stile, opere ed eventi ispirati agli argomenti emersi nel corso delle diverse giornate. Tenendo sempre fede al credo filosofico di Eni: "il futuro è di chi lo sa immaginare". Ed è da questa improvvisazione "ispirata" che si scrive il palinsesto dello stand hi-tech di Eni.

Dall'illustratrice romana Chiara Fazi, classe '84, formatasi all'Accademia di Belle Arti della capitale, dotata di uno stile narrativo elegante ed essenziale, allo scultore "antropologo" viaggiatore e assembratore Damiano Tullio, classe '79, al sofisticato e visionario video maker Daniele Spanò, classe '79, al fotografo underground Guido Cazzilli, classe '83, al video artista Giorgio Varano, classe '81, cresciuto tra corti e documentari, fino alla fiorentina Emanuela Mascherini, attrice e autrice. A loro si aggiunge il diario di bordo dell'Eni-Cafè, il caffè letterario by night che riserba un corso di scrittura creativa realizzato dalla Scuola Holden di Alessandro Baricco, a suon di incontri con diversi autori sul tema del processo di costruzione di una narrazione. A questi, in notturna, si abbinano gli assoli virtuosi dell'attore regista e autore Raffaello Fusaro che con il suo "Dante remix_reload" mescola la poesia della Divina Commedia con la forza delle immagini del nostro tempo, e le performance a colpi di sassofono del ventisettenne Sebastiano Ragusa, con l'improvvisazione funambolica di musiche prese in prestito dagli angoli di tutto il mondo, senza censure cronologiche ma giocando goliardicamente con la melodia occidentale dai primi del '900 ad oggi, attraversando la swing-era degli anni '20, la musica elettronica e di avanguardia degli anni '70, persino il pop italiano, fino alle ricerche più attuali. Per gli aspiranti grafici, due totem basati sulla tecnologia iPad offrono al visitatore la possibilità di rielaborare, secondo la propria creatività, il logo di Eni. Infine, due totem "Io e il Cane a sei zampe", sono a disposizione di chi vuole raccontare i propri ricordi legati alla società.

(27 agosto 2010)

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